14 Mag Il Quotidiano Libero intervista Marco Demurtas: Cinematerapia e riabilitazione
Inchiesta/Cinematerapia La migliore riabilitazione: scrivere e girare un film
Marco Demurtas è nato nel 1973 ed è laureato in Pedagogia con una tesi di Sociologia del Cinema. Approfondisce i suoi studi di sceneggiatura e didattica del Cinema, avendo tra i propri maestri Sergio Donati (sceneggiatore di Sergio Leone). Collabora a Sassari come attore con il teatro “S’Arja”, compagnia teatrale Growtoskyana e dopo 5 anni di lavoro con le emittenti televisive sarde all’interno delle quali cura format televisivi e spot pubblicitari, inizia la propria professione di educatore e formatore, specializzandosi nella creazione e realizzazione di laboratori cinematografici e cortometraggi all’interno di centri sociali, scuole e comunità. “Quando ho iniziato ad usare le mie tecniche con i ragazzi disabili inizialmente non sono stato capito dagli addetti ai lavori. Ho fatto sempre il mio lavoro di educatore passeggiando per la città, recitando, cantando o viaggiando con i ragazzi sulla mia auto, spesso filmando tutto con la mia telecamera..Veniva considerato molto “strano” il modo con cui mi rapportavo con loro ed alcune assistenti sociali (un po’ all’antica) hanno detto che io non facevo l’educatore ma portavo in giro i disabili a fare delle inutili scampagnate. Mi è stato detto pure che ero un po’ matto, perchè a volte giocavo con loro con le parole, le maschere, gli oggetti e filmavo tutto. Forse ero davvero un po’ matto ma ai “miei matti” piacevo così e ora sono molto contento che siano tanti quelli che mi seguono nei miei laboratori. A volte bisogna immedesimarsi ed essere un po’ come loro per capirli e per essere capiti. Questo ci aiuta anche a maturare un’empatia che ci permette di immedesimarci nei loro dolori. Recitare è sempre essere altre persone ma allo stesso tempo sé stessi. Per questo credo che la Cinematerapia sia uno spazio libero di condivisione umana ed espressiva tra educatori, artisti e allievi.”
Cosa si intende per Cinematerapia?
“La Cinematerapia appartiene alle artiterapie e ha una funzione non solo terapeutica ma anche riabilitativa. Il Cinema è uno strumento di socializzazione e quindi anche di riabilitazione: per questo è importante coinvolgere all’interno dei progetti allievi normodotati, diversamente abili e con problematiche sociali, senza escludere nessuno. Il Cinema non è solo recitazione ma anche immagine: uno strumento per vedersi e conoscersi. Quella che io definisco la maieutica della macchina da presa, cioè l’arte attraverso la quale conoscere, far venir fuori ed esprimere sé stessi utilizzando le grandi possibilità che offre l’audiovisivo. Durante i laboratori i ragazzi hanno modo di imparare i linguaggi base del cinema, si cimentano nella scrittura creativa del copione, realizzano gli Storyboard e sono registi, attori all’interno di un lavoro di squadra”.
La sua è una interpretazione della Cinematerapia diversa da quella ufficiale.
“Se per Cinematerapia si intende Terapia attraverso il Cinema possiamo dire che la Cinematerapia ufficiale sia abbastanza passiva e riguardi prevalentemente la visione di filmati a scopo più didattico che terapeutico. L’allievo non è quindi il protagonista ma è piuttosto un osservatore che viene stimolato alla riflessione usando le immagini. Un altro tipo di attività molto diffusa è quella di realizzare nelle scuole o nei centri
sociali i cosìdetti laboratori di Cinema dove si insegna a utilizzare la telecamera ma anche quella non è la Cinematerapia che intendo io. Per me è un processo educativo/artistico più pragmatico che pur sintetizzando le metodologie appena descritte mette al centro di tutto la persona al fine della propria riabilitazione e del recupero sociale. Si tratta di un’esigenza di tipo pedagogico. Per questo la mia metodologia è quella di essere il più possibile me stesso e utilizzare come terapia le cose che so fare per aiutarli ad esprimersi. E’ un percorso nel quale la crescita e la sperimentazione è reciproca sia per gli operatori che per i ragazzi diversamente abili.
Che risultati si ottengono?
Articolo originale pubblicato su: Libero